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Città Vecchia Fabrizio de Andrè
Una gamba qua, una gamba là, gonfi di vino
quattro pensionati mezzo avvelenati al tavolino
li troverai là, col tempo che fa, estate e inverno
a stratracannare a stramaledire le donne, il tempo ed il governo.
Loro cercan là, la felicità dentro a un bicchiere
per dimenticare d'esser stati presi per il sedere
ci sarà allegria anche in agonia col vino forte
porteran sul viso l'ombra di un sorriso tra le braccia della morte.
Quello che non... di Francesco Guccini
La vedi nel cielo quell'alta pressione, la senti una strana stagione?
Ma a notte la nebbia ti dice d'un fiato che il dio dell'inverno è arrivato.
Lo senti un aereo che porta lontano? Lo senti quel suono di un piano,
di un Mozart stonato che prova e riprova, ma il senso del vero non trova?
Lo senti il perché di cortili bagnati, di auto a morire nei prati,
la pallida linea di vecchie ferite, di lettere ormai non spedite?
Lo vedi il rumore di favole spente? Lo sai che non siamo più niente?
Non siamo un aereo né un piano stonato, stagione, cortile od un prato...
Conosci l'odore di strade deserte che portano a vecchie scoperte,
e a nafta, telai, ciminiere corrose, a periferie misteriose,
e a rotaie implacabili per nessun dove, a letti, a brandine, ad alcove?
Lo sai che colore han le nuvole basse e i sedili di un'ex terza classe?
L'angoscia che dà una pianura infinita? Hai voglia di me e della vita,
di un giorno qualunque, di una sponda brulla? Lo sai che non siamo più nulla?
Non siamo una strada né malinconia, un treno o una periferia,
non siamo scoperta né sponda sfiorita, non siamo né un giorno né vita...
Non siamo la polvere di un angolo tetro, né un sasso tirato in un vetro,
lo schiocco del sole in un campo di grano, non siamo, non siamo, non siamo...
Si fa a strisce il cielo e quell'alta pressione è un film di seconda visione,
è l'urlo di sempre che dice pian piano:
Non siamo, non siamo, non siamo...
Canzone della rinuncia triste di Francesco Guccini
Le luci dentro al buio sono andate via
E l'allegria comprata è già sparita0
Il giorno dopo è sempre la malinconia
Che spezza la magia di un'altra vita
La forza che ti lega è grande più di te
L'anello al collo si stringe sempre più
Non dare più la colpa al mondo o a lei
Per la rinuncia triste a quello che non sei...
Lo sai cosa vuol dire stare giorni interi
A buttar via nel niente solo il niente
Fai mille cose, ma sono sempre i tuoi pensieri
Che scelgono per te diversamente
Son stanco d'aver detto le cose che dirò
Di aver già fatto le cose che farò
Ma è tardi, troppo tardi, piangere ormai
Sulla rinuncia triste a quello che non fai...
Credevo l'incertezza possibilità
E il dubbio assiduo l'unica ragione
Ma quali scelte hai fatto in piena libertà
Ti muovi sempre dentro a una prigione...
Non è la luce o il buio né l'ero ed il sarò
Non è il coraggio che ti fa dir "vivrò"
È solo un'altra scusa che usare vuoi
Per la rinuncia triste a quello che non puoi...
Non voglio prender niente se non so di dare
Io e chissà chi decidono ciò che posso
Non ho la voglia o la forza per poter cambiare me stesso
E il mondo che mi vive addosso...
E forse sto morendo e non lo so capire
O l'ho capito e non lo voglio dire
Rimangono le cose senza falso o vero
E la rinuncia triste a quello che io ero...
Dotti Medici E Sapienti di Edoardo Bennato
E nel nome del progresso
il dibattito sia aperto,
parleranno tutti quanti,
dotti medici e sapienti.
Tutti intorno al capezzale
di un malato molto grave
anzi già qualcuno ha detto
che il malato è quasi morto.
Così giovane è peccato
che si sia così conciato
si dia quindi la parola
al rettore della scuola.
Sono a tutti molto grato
di esser stato consultato
per me il caso è lampante
costui è solo un commediante
No, non è per contraddire
il collega professore
ma costui è un disadattato
che sia subito internato
Al congresso sono tanti,
dotti, medici e sapienti,
per parlare, giudicare,
valutare e provvedere,
e trovare dei rimedi,
per il giovane in questione.
E nel nome del progresso
il dibattito sia aperto,
parleranno tutti quanti,
dotti medici e sapienti.
Tutti intorno al capezzale
di un malato molto grave
anzi già qualcuno ha detto
che il malato è quasi morto.
Così giovane è peccato
che si sia così conciato
si dia quindi la parola
al rettore della scuola.
Sono a tutti molto grato
di esser stato consultato
per me il caso è lampante
costui è solo un commediante
No, non è per contraddire
il collega professore
ma costui è un disadattato
che sia subito internato
Al congresso sono tanti...
Questo giovane malato
so io come va curato
ha già troppo contaggiato
deve essere isolato
Son sicuro ed ho le prove
questo è un caso molto grave
trattamento radicale, quindi,
prima che finisca male
Mi dispiace dissentire
per me il caso è elementare
il ragazzo è un immaturo
non ha fatto il militare
Al congresso sono tanti...
Permettete una parola, io non sono mai andato a scuola
e fra gente importante, io che non valgo niente
forse non dovrei neanche parlare,
Ma dopo quanto avete detto, io non posso più stare zitto
e perciò prima che mi possiate fermare
devo urlare, e gridare, io lo devo avvisare,
di alzarsi e scappare anche se si sente male,
che se si vuole salvare, deve subito scappare
...
È molto breve quello che ho da dirvi io in questo articolo. Il resto sta nei testi
delle canzoni che cito.
Sono quattro testi di canzoni che vi ripropongo oggi, una del 1978 di Fabrizio De Andrè, ne propongo solo
il frammento che interessa al discorso della presa per il culo di massa, che avviene in ogni
tempo, ma, quando ci siamo dentro non ce ne accorgiamo. Due di
Francesco Guccini, riguardano più propriamente il tema che sto portando avanti su questo mio sito,
ossia il tema culturale: la nostra cultura ci condiziona nei pensieri e nei giudizi, senza che
ce ne rendiamo conto perché essa abita nella nostra testa, inculcataci fin da bambini da
agenti di influenza di ogni tipo: genitori, insegnanti, fiabe, film, media.
Quando Francesco ci parla della sua fede nel dubbio assiduo, ci esorta proprio alla diffidenza
su tutto quanto diamo per scontato. E in queste due sue canzoni c'è davvero tutto quello
che serve per capire, che, anche credendo di essere autonomi nel nostro pensiero,
"ti muovi sempre dentro una prigione". E ancora, questa constatazione ci porta
a concludere che "Non siamo, non siamo, non siamo..." vivi!
Quella di Edoardo Bennato è dedicata ai due maggiormente clamorosi casi di TSO avvenuti durante
questi lunghi mesi di follia collettiva: il minorenne di Fano ed il giovane siciliano che
non aveva altra colpa di esercitare il suo diritto garantitogli dall'articolo 21 della
nostra Costituzione, Sacra e Inviolabile.
Quelli che conoscono queste canzoni, vale a dire gente di
una "certa età", ma potrebbe essere anche il caso dei figli di costoro, che han dovuto
"subire" quei cantautori stando vicino ai loro genitori fino a che hanno preso le loro
strade da soli, tutti costoro, voglio dire, erano preavvertiti che ci stavano prendendo per il culo!
Tutto quanto serve per capire stava lì, in quei testi da almeno quarant'anni. Non erano
solo canzonette!
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Pensare in tanti un mondo migliore è già un 50% della sua realizzazione.
Giovanni
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