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Horacio Verbitzky

Blog di Giovanni Chifelio

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Confluenza del torrente Pellice nel fiume Po, nel territorio del comune di Pancalieri
Po Villafranca
Fiume Po nel comune di Villafranca.
Sotto: barche sul Po a Villafranca
Barche sul Po a Villafranca

Benvenuti nella pagina "Dragare i fiumi" di Giovanni Chifelio
Martedì 30 dicembre 2008

     Cinque anni fa, con il ricordo fresco dell'alluvione del settembre 2001 a None, sull'onda emotiva della visione di un programma televisivo a cui partecipava Mario Tozzi, presentatore di Gaia, un programma di Rai 3, il quale interveniva sulla questione del "non dragare i fiumi" per estrarne ghiaia e sabbia, scrissi il pezzo che presento qui sotto.
   Ne inviai una copia tramite mail al Tozzi, il quale mi rispose di non averci capito nulla dal mio articolo (?!). Mi rammarico che la sua risposta sia andata perduta in un computer che non funziona più, dato che starebbe bene in questa pagina a testimoniare l'onor del vero.


     Sabato 4 ottobre 2003

   Venerdì mattina, facendo un poco di zapping televisivo ho incontrato su rai 3, Mario Tozzi, il presentatore del programma Gaia, che parlava delle alluvioni e delle catastrofi naturali degli ultimi tempi, ospite del programma Cominciamo bene, credo. Gaia è un programma di divulgazione scientifica che mi piace, come anche mi era simpatico il Tozzi. Fino a che non l'ho sentito parlare della questione di dragare i fiumi. "Assolutamente non si devono dragare i fiumi per estrarre sabbia e ghiaia perché queste rappresentano la ricchezza dei fiumi, un patrimonio che essi riversano nel mare, combattendo così il fenomeno dell'erosione delle coste."
   Io non mi sento di parlare della questione dei fiumi in generale perché non sono uno scienziato come Tozzi, ne' tanto meno posso vantare una conoscenza diretta degli stessi. Io conosco soltanto la situazione dell'alto corso del fiume Po e dei suoi affluenti in questa zona: diciamo pure, per specificare meglio, dal Pian del Re a Torino, anche se mi sono inoltrato anche più a valle fino al delta del nostro fiume più lungo.
   La mia è una conoscenza diretta di circa quarant'anni, da quando bambino, mio padre mi portò le prime volte a pesca principalmente lungo il Po. Villafranca Piemonte, Carignano, Carmagnola, La Loggia, Pancalieri dove ho risieduto per un periodo di dieci anni e vado ancora oggi, se non sempre per pescare, almeno per incontrarmi con la natura quasi incontaminata delle zone fluviali.
   Io ricordo quei grossi barconi che andavano e venivano davanti alla nostra postazione di pesca e li vivevo come un disturbo alla nostra attività, per l'ondeggiamento del galleggiante della lenza. Trasportavano sabbia e ghiaia da qualche luogo di estrazione lungo il fiume, sino al deposito della stessa. Allora era una attività "normale". Non esistevano alluvioni allora: l'alveo del fiume era talmente profondo che l'acqua non avrebbe potuto esondare, nemmeno in occasione di una piena davvero eccezionale. I maestosi fondali creati gratuitamente dei cavatori di sabbia costituivano l'abitat ideale della fauna ittica del fiume Po. Non era insolito a quei tempi catturare esemplari di grandi dimensioni. C'era in quegli anni il problema dell'inquinamento, che oggi si è notevolmente ridimensionato.
   Ricercando su internet materiale per questo problema del dragaggio dei fiumi, più in generale della convivenza dell'uomo con i fiumi, mi rendo conto che esistono migliaia di opinioni diverse in proposito. Ma le posizioni sono fondamentalmente due antitetiche: favorevoli e sfavorevoli. Vi è da un lato la posizione dell'uomo comune, favorevole al dragaggio dei fiumi per evitare guai che sono costituiti in pratica dalle sempre più frequenti alluvioni, e la posizione degli ambientalisti e degli studiosi, come il Tozzi, contrari.
   Ripeto non sono un esperto di geologia o di ingegneria dei fluidi, sebbene possieda anche io qualche nozione in questo settore. Vorrei tentare di riassumere i pro ed i contro, tentando di mediare, fosse mai possibile trovare un approccio misto accettabile.
   La ragione dei profani favorevoli è sostanzialmente questa: abbassando il fondale del fiume Po -tengo a rimarcare che voglio riferirmi a questa realtà-, aumenta la sezione dell'alveo del fiume, quindi la sua portata d'acqua, si allontana il pericolo delle alluvioni.
     Questo ragionamento è talmente semplice e lapalissiano da apparire banale.
   Le ragioni dei tecnici, dei Verdi, degli sfavorevoli ad un intervento dell'uomo sull'alveo dei fiumi, mi appaiono contradditorie. Io almeno non le comprendo.
Mi è parso di capire, dal discorso di Tozzi venerdì 3 ottobre 2003, che la cavatura di ghiaia dal letto del fiume sottrae materiale destinato al mare, materiale che preverrebbe l'erosione delle coste. Ora, il mio senso dell'osservazione, e i fatti che esporrò ritengo lo confermino, mi suggerisce che il fiume Po, quando è tranquillo (non in piena), trasporti al mare soltanto acqua, principalmente. È durante le piene dovute a precipitazioni abbondanti che viene smossa, con una corsa impetuosa dovuta all'aumento massiccio della portata e della velocità, una grande quantità di materiale inerte verso l'ormai lontano mare Adriatico. In questo modo, credo, si è formata l'immensa pianura padana.
   Qui occorre aprire una piccola parentesi per un'altra affermazione che ho sentito, sempre nella stessa occasione dalla bocca del conduttore di Gaia: bisognerebbe evitare di costruire, di creare insediamenti nello spazio del fiume. Verissimo, ma nel caso specifico, è vero per tutta la grande pianura padana, da Torino fino a Venezia, è tutta zona del Po. Bisognerebbe evacuare tutte le più grandi città, Torino, Milano, Pavia, Cremona e così via verso la foce, la zona, credo, più popolosa d'Italia. Dove mettere tutta questa gente? L'ecologia come scienza dei sistemi è una scienza molto giovane, direi a volte ingenua. Si dimentica spesso che nel sistema, c'è anche l'uomo, forse, proprio perché è l'elemento più prorompente, più dannoso, dal punto di vista ambientale. Ma esiste. Occorre tenerne conto. Cercare di far convivere uomo ed ambiente è, non solo necessario, direi, inevitabile. Cercare di evitare guai all'uomo senza sconvolgere l'ambiente e viceversa. Forse dragare i fiumi è più conveniente economicamente -e non parlo solo di soldi- che costruire grandi argini artificiali per cercare di contenere la natura in una specie di spazio suo, confinarla in una specie di "museo" dove possiamo andare a vederla quando siamo stufi di città e cemento.
   Costruire argini è costoso e molto più antiestetico ed appariscente che dragare i fiumi, o meglio, lasciare che gli imprenditori li draghino gratuitamente per il beneficio della popolazione. Forse è una questione politica: costruire argini crea una voce di spesa statale, regionale o quel che è, e le soluzioni che creano voci di spesa pare siano sempre più auspicabili che gli interventi gratuiti...
   Un'altra obiezione, che ho trovato, navigando, degli sfavorevoli, è che il dragaggio farebbe aumentare la velocità dei fiumi i quali causerebbero infine danni più a valle. Questa a me pare in contrasto con la prima: la maggiore velocità dell'acqua AUMENTA il trasporto a valle dei detriti, che in acque lente si depositano sui fondali. È evidente che funziona così.
   Le mie osservazioni di quarant'anni mi hanno portato a vedere che una grande quantità di materiale, sabbia più o meno fine, si è depositata sul fondale del Po, riducendone la profondità, da svariati metri di alcuni anni fa, a pochi centimetri, a parità di stagione. È chiaro che in primavera c'è più acqua che in autunno, per lo scioglimento delle nevi sui monti. Dunque questa sabbia, sottratta ai cavatori in favore del mare, si è depositata principalmente lungo i fondali di più di settecento chilometri di percorso in pianura del fiume Po. È chiaro che nel tratto montano la situazione e i problemi sono diversi.
   Lasciando da parte la scomparsa dell'abitat dei pesci di acqua dolce, che sarebbe comunque una questione ecologicamente importante -pare che agli ambientalisti stia molto a cuore la sopravvivenza del Drago di Comodo o Varano delle Galapagos, piuttosto che dei nostri cavedani, barbi, lucci, trote e temoli, come testimonianza di un periodo evolutivo molto lontano, e questo è soltanto uno degli esempi dei quello che io chiamo il gioco dell'ecologista-, l'innalzamento del fondale ha provocato un altro fenomeno molto comune. Nei periodi di piena, il fiume Po non riesce a stare dentro gli argini naturali -l'acqua è un fluido incomprimibile- e riversa annualmente parte di quella sabbia destinata al mare nei campi di grano e di mais adiacenti il suo corso. Sto soltanto dicendo che l'abbassamento dei fondali per dragaggio di ghiaia aumentava la portata del fiume e questo non può essere negato da nessuno.
    Sono sostanzialmente tutti ragionamenti, compreso il mio, che si fondano sulla vecchia logica della causalità lineare, causalità inidonea alle scienze dei sistemi, come è l'ecologia, che dovrebbero porre la loro attenzione agli schemi sconcertanti, spesso incomprensibili, ma più adeguati della causalità circolare. Sostanzialmente, evitiamo che vengano sottratti materiali all'apporto al mare, ma questi materiali, invece di giungere al mare, si depositano nell'alveo del fiume, diminuendone la portata, quindi questi materiali si riversano nella pianura ad ogni piena. Forse, relativamente all'apporto al mare, non è cambiato nulla, ma si è creato un grande disagio alle popolazioni rivierasche, alla fauna ittica, ed ai cavatori, e non sapremo mai valutare il risultato della nostra azione, relativamente a quanto ci eravamo proposti.
   Ma abbandonando questa sterile polemica dragare, non dragare, io penso sinceramente che qualunque decisione prenderemo, sarà ininfluente sul fatto che il mare Adriatico è destinato a colmarsi nel corso del tempo, un tempo molto lungo, perché la sabbia che forma le pianure non proviene dal letto del fiume, ma dall'erosione delle montagne. Il fiume, il suo alveo, la pianura in cui il fiume scorre, le coste e i fondali sabbiosi del mare non esisterebbero se non fossero state erose le montagne. Il fiume è soltanto un tramite, un trasportatore. La pianura padana arriverà in Puglia, cambiando aspetto a questo curioso paese dalla forma di stivale, indipendentemente da ciò che faremo noi. L'Adriatico, che io sappia, per l'immenso apporto del Po e dei suoi affluenti, non è a rischio di erosione delle coste!
   Mi viene in mente, a questo proposito, l'affermazione di un ambientalista di cui, purtroppo non ricordo il nome. Di fronte ad enormi disastri ambientali provocati dall'uomo, ma forse l'affermazione vale anche per quando ci viene voglia di intervenire nei grandi e complicati sistemi naturali, spesso "la miglior cosa da fare è non fare assolutamente nulla".
   Quando ci poniamo ad intervenire in sistemi complessi come l'ecosistema, spesso facciamo più danni che benefici (per chi?!) perché non siamo in grado di conoscere tutte le conseguenze sul sistema delle nostre azioni. Il sistema riesce da solo a porre rimedio ai danni che gli infliggiamo. Ho sentito questa cosa mi pare a proposito dell'ennesimo riversamento di greggio in mare.
   Noi siamo animali che inquinano. Se portiamo questo ragionamento all'estremo, arriviamo al cuore stesso dell'ecologia: il sistema non ci permetterà di arrivare ad un punto in cui la distruzione del sistema sarà irreversibile. Prima che questo accada, le condizioni ambientali non saranno più idonee alla sopravvivenza della specie umana. Con la nostra sparizione il sistema troverà un nuovo equilibrio: guarirà dalla malattia rappresentata dalla nostra presenza devastatrice sul pianeta e tutto ricomincerà con una nuova era "naturale". Questa almeno, l'essenza della mia personale ecologia. I nativi americani, nella loro saggezza millenaria, che vale molto più di qualsiasi nostra pseudoscienza, quando ci hanno incontrato hanno commentato: "Questi washiku producono troppi rifiuti. Saranno sommersi dai rifiuti."
   Mai profezia fu più azzeccata. Non andiamo ora ad impegolarci nelle pseudo soluzioni escogitate per risolvere questo problema. Per eliminare il problema dei rifiuti c'è una sola via: smettere immediatamente di produrne!
   L'altra faccia della medaglia del divieto di dragaggio è che la sabbia è necessaria per le costruzioni e, nel nostro mondo economico dove la richiesta crea mercato, i cavatori si sono soltanto spostati. Si sono spostati soltanto di pochi metri dai fiumi, scavando enormi buche in terreni adiacenti il fiume, profonde centinaia di metri, portando alla luce le falde acquifere. È un risultato orribile, dal mio punto di vista, creare dei laghi ex novo, contaminando la preziosa acqua che potrebbe essere potabile, una mostruosità creata dalla burocrazia per un puntiglio di chi si ritiene un esperto dell'ambiente.
   Il mio eroe era Socrate, con il suo, "perché qui sono l'unico a sapere di non sapere nulla?", umile e valido sempre, anche in questo caso. Perché, se le nostre scienze sono giovani ed immature, sono nello stesso tempo tronfie, arroganti e presuntuose, al punto da farci incorrere in errori che sono più terribili dei mali che intendevano prevenire?
   Non è passato molto tempo da quando gli scienziati ci dicevano che la terra era un piatto al centro dell'universo, che gli rotava attorno: era sbagliato, oggi lo sappiamo. Allo stesso modo le certezze di oggi, sono gli errori di domani. Con le parole possiamo giocare a piacimento. Ognuno di noi può vincere questa diatriba, tutto dipende dalla sua eloquenza. Ma le certezze scientifiche non possono fondarsi sull'eloquenza, almeno questo avremmo dovuto impararlo a quest'ora.
   Mi domando perché, quando da trenta e più anni non si può più estrarre ghiaia dai fiumi, ancora si predichi contro questa cosa? Perché non valutare serenamente i risultati di questo trentennio? Non si può negare che sono aumentate le alluvioni dopo il divieto di dragare i fiumi. Non si può attribuire il problema delle alluvioni all'aumento delle precipitazioni (che in realtà sono diminuite in modo preoccupante), o al loro essere più impetuose. Cambiamenti climatici su questo pianeta ci sono sempre stati e sempre ci saranno, e sicuramente non saremo mai in grado di valutarli: il clima è una faccenda troppo complessa. Minuscole variazioni di una delle innumerevoli variabili che lo determinano, può portare a variazioni climatiche imprevedibili. Questa è un'altra affermazione di Mario Tozzi, nella stessa trasmissione, nella stessa mattina di venerdì 3 ottobre 2003.
   Perché non ammettere una cosa così semplice: la diminuzione della sezione dell'alveo dei fiumi diminuisce la loro portata d'acqua, facilitandone la fuoriuscita in caso di piena. Questa è una variabile sulla quale possiamo agire e gli effetti sono subito evidenti. Questo nella realtà padana e dell'Adriatico, ripeto. Può darsi che per i fiumi che riversano nel Tirreno la situazione sia diversa.

Considerazioni conclusive

   Per amor della dialettica, che sola può garantire una qualche imitazione del dibattito democratico, occorre citare le opinioni della parte avversa alla mia: coloro che sono contrari all'estrazione della sabbia e ghiaia dal letto dei fiumi.
"[...]una informazione volutamente mistificatrice perché propugnata da certe potenti corporazioni con grossi interessi legati allo sfruttamento del territorio, attribuisce la responsabilità delle catastrofi agli ambientalisti (o Verdi, che non sono esattamente la stessa cosa, ma che nell'immaginario comune vengono accomunati grazie proprio a quell'informazione mistificatrice cui facevo cenno prima...) che 'non lasciano dragare i fiumi[...]'[1]


[1]Sito personale di Piero Strobino, il quale mi mette anche in guardia: "Non è consentito utilizzare, anche parzialmente, le pagine, i testi e le immagini contenuti nel sito web senza l'espressa e preventiva autorizzazione da parte dell'autore."
Speriamo non mi faccia causa.


Articolo n.50: dragare.php
Sito: chifelio
Tema: 23 - Ecologia ipocrita o vera?
Data: 2008-12-30

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