"Giornalismo è diffondere ciò che qualcuno non vuole che si sappia. Il resto è propaganda."
Horacio Verbitzky

Blog di Giovanni Chifelio

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Autodeterminazione VS "Libertà"
Giovedì 9 giugno 2019

    Fin da quando ho memoria di me stesso bambino, sono fermamente convinto che il mio anelito più grande e pressante, sia sempre stato quell'urgente desiderio di potere autodeterminare ogni cosa della mia vita.
   Cosa non facile in quegli anni cinquanta, quando non potevo nemmeno decidere la lunghezza del taglio dei miei capelli.
    Fino a qualche tempo fa, credevo, erroneamente, che questo concetto potesse essere espresso egregiamente e totalmente dalla parola libertà. Ma oggi sono sicuro che non è così.
    "Libertà" è un concetto troppo astratto per poter anche solo avvicinarsi a quello che invece possiamo intendere con il "diritto delle persone all'autodeterminazione".
    Con questo concetto voglio significare che le persone dovrebbero poter fare ogni scelta che si presenta loro, nel corso di tutta la loro vita, in modo totalmente autonomo e libero da qualsiasi condizionamento e/o costrizione, esterni o interni.
   Questa almeno sarebbe l'idea che sta alla base del concetto di democrazia.
   Non è un caso che io abbia volutamente aggiunto l'aggettivo "interni" alle parole condizionamento/costrizione: è un fatto ormai accertato fin dagli albori della psicologia, che gli individui tendono a interiorizzare, più o meno inconsciamente, tanto le proibizioni che gli incentivi verso determinati comportamenti, fin dalla più tenera età.
   Quello che ho in mente, per il significato della parola "autodeterminazione", è un concetto molto simile, se non identico, a quello che si intende con "libero arbitrio", proprietà che sicuramente Dio ha dato a tutti gli esseri umani. Suppongo che tutti siano d'accordo su questo fatto. Almeno tutti quelli che credono in un Dio. Ma oso supporre che anche chi non "crede", le persone razionali che rifiutano ipotesi mistiche, siano d'accordo nel ritenere giusto che le persone possiedano questa prerogativa di poter scegliere "liberamente" tutto quello che li riguarda in prima persona, in qualunque modo si voglia chiamare questa cosa.
   Ma la domanda fondamentale da porsi è:

   Che cosa è davvero necessario affinché l'individuo possa esercitare questa sua facoltà di poter scegliere e agire liberamente?

   La risposta ovvia è che l'individuo deve disporre di tutta l'informazione necessaria, di volta in volta, per potere scegliere, decidere, discriminare tra possibili soluzioni e ipotesi alternative, spesso in netto contrasto le une con le altre.
   Disponiamo di quanto serve?
   Ovviamente no!
   Anche se tutto quello che ci fanno credere indicherebbe proprio il contrario. Disponiamo di moderne tecnologie informatiche. Abbiamo accesso ai "mezzi di informazione" in ogni istante della nostra vita. Tutti noi abbiamo accesso all'istruzione[0] fin falla più tenera età.
   Ma tutte queste cose ci danno l'informazione che serve per poter decidere delle nostre azioni, ci mettono a disposizione LA VERITÀ?
   Il problema è doppio perché spesso l'informazione che ci arriva è VOLUTAMENTE FALSA e quindi non possiamo decidere nulla, se ci mentono.

    L'informazione che ci arriva, come ho già detto altrove, può essere soltanto di due tipi contrapposti: esperienza diretta oppure esperienza riferita da altre persone, sia direttamente, vale a dire "a voce" da persone a noi vicine, sia da persone "lontane", nello spazio e nel tempo, vale a dire libri, "mezzi di informazione", etc.
    Ma, spesso, le persone mentono per scopi che non ci è dato di sapere (per interesse personale, convenienza, per "avere controllo" sulla persona o persone a cui viene passata questa "informazione" di secondo tipo).
    Tutta l'"informazione" di questo secondo tipo, dalla scuola, ai "mezzi di informazione", alle persone attorno a noi, potrebbe essere molto lontano da quel vero che ci servirebbe per prendere le decisioni importanti della nostra vita in modo corretto. Dobbiamo per forza di cose essere estremamente diffidenti verso tutta l'informazione che non è del primo tipo; e, talvolta, forse, dovremmo essere persino diffidenti sulle informazioni del primo tipo. Gli psicologi della percezione hanno ampiamente dimostrato quanto ingannevoli e ingannabili, siano i nostri sensi. [1]
   Dunque ci troviamo, riguardo alla cosa fondamentale che ci servirebbe per prendere decisioni autonome circa la nostra vita, come dei non vedenti senza tatto: brancoliamo totalmente alla cieca in un mondo che, ci dicono, dovrebbe essere quello dell'era dell'informazione.
    Ancora, ci troviamo assediati da troppa informazione, fatto quest'ultimo che contribuisce doppiamente a crearci confusione. Immersi in troppa informazione non siamo più in grado di discernere le informazioni rilevanti e pertinenti dal rumore di fondo. Il Caos della Torre di Babele, dove tutti parlano una lingua diversa e non siamo più in grado di comunicare efficacemente il messaggio.
    Piccola parentesi sulla Babele delle lingue. Secondo Ceschino, della cui rivista presento l'immagine di una pagina sotto a destra, tutte le lingue moderne sono state inventate a metà del diciannovesimo secolo e subito dopo sono apparsi i vocabolari. Ma questo è un argomento che merita un approfondimento in un articolo a parte.
    A cosa è dovuta questa situazione che ci mette in difficoltà?
   Mi spiace ripetermi, ma devo farlo come già ho fatto molte volte in queste pagine, perché la domanda che segue è cruciale ed ineludibile:

   CHI PRODUCE LA CULTURA?

    Non è un caso che abbia detto "cultura" come se fosse sinonimo di "informazione": anche se i due concetti non sono totalmente equivalenti, perlomeno si sovrappongono in grande misura.
    Una risposta esauriente non è semplice, ma, potremmo azzardare che qualsiasi gruppo umano, immerso nella Natura in cui vive, finisce per "produrre" tutti gli strumenti culturali indispensabili per vivere in quel gruppo e quella particolare Natura in cui ha scelto di vivere il gruppo. [2]
   Il problema nasce quando si tenta di rispondere a questa domanda, partendo dalla considerazione della cosiddetta "cultura occidentale", una circonlocuzione in cui sembrano riconoscersi tutti i nostri contemporanei, a parte me e pochi altri (forse non sono così pochi, considerando quelli che ancora non si sono posti il problema e quelli che non hanno considerato l'aspetto cruciale dell'uomo del ventunesimo secolo!).
    Vale a dire quando si tenta di rispondere alla domanda su chi sia a produrre la "cultura" dell'uomo che vive in città, totalmente separato dalla Natura, dal suo gruppo (branco, tribù, famiglia), dai suoi simili. L'uomo reso artificialmente "individuo" per separarlo e renderlo solo, debole, malato, manovrabile, controllabile, impaurito e quindi senza alcun vero "potere".
   Va detto che, tanto la città, quanto l'uomo che in essa vive, sono già di per se', costruzioni artificiali a cui l'uomo legato a doppio filo alla natura non sarebbe mai pervenuto. Affinché questo accadesse (città e cittadini) qualcuno ha dovuto manipolare l'uomo naturale, manipolandone artificialmente la cultura, introducendovi dei simboli (denaro, religioni), simboli che sono in questo modo diventati "reali" essi stessi ed hanno allontanato l'uomo inizialmente integro (=integrato con la Natura), dalla Natura stessa. Lascio momentaneamente e volutamente in sospeso il tentativo di rispondere alla domanda "chi produce la cultura?" (Quella "artificiale", quella che adesso chiamano globale).
   Il fatto di creare una cultura artificiale ha avuto come conseguenza la perdita di consapevolezza dell'uomo di essere un tutt'uno inscindibile con la Natura e con il suo "branco", rendendolo smarrito, sperduto, impaurito, ansioso, confuso, malato. L'estrazione o astrazione dalla Natura e dal branco fa parte della stessa operazione iniziata con il toglierci l'idea del Dio creatore.
   La consapevolezza di essere nella Natura e nel branco è, con l'informazione tutto quello che ci occorre per auto-determinarci.
   La domanda è:

   quanto siamo consapevoli di noi e del mondo che ci circonda?

    Proprio mentre mi interrogo su queste cose e mi rispondo che, ovviamente, non abbiamo l'informazione necessaria per procedere nella nostra vita con consapevolezza e constato che, invece delle informazioni che ci servirebbero, ce ne danno di "errate", mi imbatto in avvenimenti e articoli che mi colpiscono per la loro attinenza a quello che vado sviluppando i questa pagina.
    L'avvenimento primo, al quale avrei voluto partecipare visto che ero stato invitato, ma non ho potuto per motivi familiari importanti, è stato un convegno ad Affi (VR). Anche se lo spunto degli organizzatori, la cui anima trainante è Dino Tinelli, sarebbe la "terra piatta", il convegno ha trattato, come si vede dal programma, diversi argomenti importanti.
    Non essendoci stato, ma avendo seguito alcuni video pubblicati dopo il convegno, ne voglio segnalare due che mi hanno colpito particolarmente.
   Il primo è il progetto del fisico nucleare Robero Morini, che ha chiamato "Extrapedia", una, secondo me, molto valida alternativa a Wikipedia. Valida perché non indirizzata alla cosiddetta "informazione main-stream" come appunto è l'enciclopedia più consultata del web, ma a disposizione dei Liberi Ricercatori, come si sono definiti i convenuti fra i quali avrei voluto esserci.
   Un altro, che però devo dire che mi ha colpito personalmente in senso "negativo", è stata la costituzione di un gruppo WhatsApp, sempre dei Liberi Ricercatori, che, di per se' non sarebbe male, ma, per quelli come me che hanno poco tempo libero ma vogliono "partecipare e capire", diventa un caos, una cacofonia di troppa informazione.
   Questo mi riporta in mente un articolo appena letto che parla proprio della troppa informazione, che gira soprattutto sui social network, che induce, per diverse vie, apatia e non participazione nella gente. Proprio quello che si vorrebbe evitare. La gente pensa che, postando su Facebook alla velocità della luce qualunque cosa, peraltro senza leggerla completamente, ma, soprattutto senza pensarci e rifletterci, di fare qualche cosa per migliorare il mondo, cosa che evidentemente non è!
   Proprio in questi giorni, mi sono venute in mano delle fotocopie "datate" di una famosa rivista mensile. Si noti al fondo dell'immagine la data: dicembre 1989! Trent'anni fa Ceschino rilevava non solo il furto della verità, ma con trent'anni di anticipo tutta la burla del surriscaldamento globale.
   Così mi sono accinto a rileggere tutto il malloppo, passatomi a suo tempo dall'amico Stefano -era lui il lettore della rivista, non io-, malloppo che, nel corso degli anni, mi è tornato spesso alla mente, sopratutto quando leggevo, qua e là, cose che mi sembravano come l'avverarsi delle "profezie" di Ceschino, ai cui scritti, perlomeno per quanto riguarda le fotocopie in mio possesso, che non sono tutte le copie di tutti i numeri della rivista, credo che dedicherò un prossimo articolo.
   Ci è piombato addosso l'euro, rovinandoci tutti economicamente; i gioielli di casa Italia sono stati privatizzati svendendoli (regalandoli, sarebbe più esatto); ho letto il libro sulla massoneria [3], che mi pareva una ripetizione di quanto appreso da quelle fotocopie tanti anni prima; pressapoco le stesse cose leggevo trent'anni fa su di una rivista oggi defunta, che si chiamava "Avvenimenti"; quando sono cadute le torri gemelle, dopo tutte quelle e altre letture, ho sentito subito puzza di marcio, mentre venti anni dopo, la versione "ufficiale" rimane ancora quella dei quattro terroristi arabi armati di temperino, i quali hanno realizzato il 75% dei loro obiettivi, a burla della nostra intelligenza di fruitori dell'informazione di regime; ho letto vari siti "complottisti", parola che non mi piace in quanto assume un aprioristico senso spregiativo/valutativo in negativo; non ultimo, mi sono imbattuto in Tinelli, che ci svela inganni colossali come la terra a sfera e altre prese per il sedere da parte di chi detiene il potere e genera, o fa generare la cultura per tutti noi della massa.
   L'esempio dell'11 settembre 2001 risulta essere paradigmatico di come chi detiene il potere manipola l'informazione, che poi diventa "storia", scegliendo quale versione sia più conveniente per loro, dare in pasto alle folle. E ancora mi stupisce come molti di noi, TV/mezzi d'informazione dipendenti, non si riesca a sviluppare un pensiero critico verso fatti così eclatanti, visto che una informazione "controcorrente" c'è stata. Bastava cercarla. Il fatto è che anche i motori di ricerca come google hanno degli algoritmi che oscurano tutta l'informazione alternativa e controcorrente. Basti pensare che se si cerca, ad esempio "terra piatta", vengono trovati soltanto link derisori o detrattori della cosa che si cerca.
   Molti di noi pensano che, almeno internet, la rete, sia un territorio di massima libertà di espressione, una democrazia, uno spazio virtuale di essa, ma, in realtà questa è una pia illusione, in quanto, per accedere ai siti web, visto che per l'essere umano è estremamente difficile memorizzare gli indirizzi IP fisici dei siti, che sono del tipo 78.196.42.31, è stato creato il sistema dei dominii. Ci sono dei server che traducono negli indirizzi IP dell'esempio sopra, stringhe facilmente memorizzabili come www.chifelio.it. Questi DNS, Domain Name Server che hanno la chiave delle relazioni IP/dominio, sono tutti in territorio degli USA. Nazione che, anche non volendo credere all'affermazione che attualmente sia al servizio di chi detiene il potere di cui sto parlando (di produrre la cultura globale), potrebbe per motivi insindacabili, oscurare tutti i siti che ritiene "nemici/ostili agli USA", che si potrebbe leggere anche come "nemici dell'idea globale dominante".
   
   Come si evince da quanto finora esposto, noi, la gente comune, non siamo nelle condizioni migliori per avere le informazioni che ci servirebbero per fare la cosa giusta. E non parlo solo di scegliere chi votare alle prossime elezioni. Sto parlando proprio di qualsiasi cosa, persino quella più banale che ci possa venire in mente, come "cosa fare quando si ha un problema di salute"; "cosa insegnare ai nostri figli o nipoti"; "come condurre la nostra vita, le nostre piccole scelte personali quotidiane".
   A sinistra, nella rivista di Ceschino, una idea sull'ambiente che ho fatto anche mia.
   
   Dopo anni di studi e ricerche personali sul problema della cultura che mi assilla da decenni, sto cominciando a intravedere un filo rosso che sembra mi stia portando in una direzione precisa, che sto riconoscendo negli scritti di Ceschino, nella psicologia, sociologia e antropologia, nelle vicende della mia vita.
   Vorrei anticipare, per ora soltanto a grandi linee, in pochissime parole, che dovranno in seguito essere approfondite, le direzioni che sembra indicare quel filo rosso.
    L'uomo, come gruppo/branco ristretto che vive nella Natura, sviluppa una capacità che il pensiero occidentale "razionale" imposto non è in grado di comprendere, anzi sembrerebbe proprio voler negare, ma che pur esiste. La capacità di adattarsi a quella particolare Natura, sopravvivere in essa con i suoi frutti senza alterarla, senza rovinarla, ma, al contrario adattandosi ad Essa. Questa capacità si chiama cultura naturale. Era quella che avevano gli aborigeni australiani, i boshimani del Kalhari, i nativi americani in generale, quella che avevamo tutti, quando vivevamo in armonia con la Natura. In contrapposizione a quella che abbiamo sempre chiamato "cultura occidentale", che depreda la natura e vuole sterminare tutte le culture alternative.
   Ecco che allora, tutta la storia delle cosiddette conquiste, non è più una faccenda di eserciti e di armi sempre più potenti, in nome del profitto e dell'acquisizione di territori, ma una faccenda di comunicazioni: strade, telegrafi, ferrovie, fibra ottica, internet e smartphone. Fare in modo che la gente desideri tutto questo che in Natura non serve a nulla, in modo da distruggere ogni modo di vita alternativo, imponendo in modo coatto la loro cultura.
   Che questa gente vinca o perda la sua conquista del mondo, dipende soltanto da noi.
    Più procedo seguendo questa pista che mi si è aperta seguendo questo filo rosso che mi indica la via, più sono convinto che dovrei rifiutare questa lingua che mi hanno imposto con la scuola dell'obbligo, per torna parlè la lenga 'd me nono, ca i era peui anche la lenga 'd Vitorio Alfieri. E ca ve-nu nen a dime che parej a 'n capisso 'n pòchi: aji temp ëd me nòno a së 'ndasia a travajè 'n t'le Franse e la gent a së capia da Turin fi-na 'n Catalogna con l'Ocitan! Prima che loreiti a se studiei-so la Babele 'd le lenghe moderne.[4]

   



   [0]Al di là del fatto che la parola "istruzione" ricorda troppo da vicino i manuali per l'uso di qualche aggeggio, nel caso specifico, si tratta di "istruzione per l'uso della società", quindi occorre ancora fare due considerazioni.
   La prima è una constatazione che chiunque può fare da se': coloro i quali vanno bene a scuola, i cosiddetti "primi della classe", sono generalmente quelli che poi hanno successo nella vita nel modello occidentale dove impera il denaro. In altre parole sono quelli che arricchiscono economicamente. Il motivo è molto semplice: essi sono totalmente acritici verso quello che viene loro insegnato a scuola. Lo memorizzano e basta. Andrebbe fatta anche una analisi morale di questa faccenda, ma, in genere, se c'è di mezzo il denaro, il guadagno, queste persone riescono ad elasticizzare la morale fino ad adattarla alle loro azioni. Mi rendo conto di dover fare un esempio pratico: investendo in borsa, potrei fornire denaro e favorire l'industria bellica, che magari fa strage di innocenti. Ma costoro non colgono o non vogliono vedere il nesso tra investimenti economici e stragi di bambini!
   L'altra faccia della medaglia sono le persone intelligenti, che magari scorgono subito il nesso di cui sopra ed arrivano a contestare, a rifiutare, società, cultura ed istruzione. Questi non hanno successo economico nella vita
   La seconda considerazione è che tutta l'istruzione mondiale viene decisa dall'U.N.E.S.C.O., un organismo dell'O.N.U., creato appositamente dai centri di potere, col supporto delle massonerie, al fine di distruggere tutti i possibili modelli culturali alternativi ed imporne uno creato ad hoc con questo fine.
   [1] Tutti gli psicologi che si riconoscono nel modello detto "Gestalt" sanno molto bene quanto, appunto, la "forma globale" influenzi la percezione. Ci sono infiniti esempi nella percezione visiva, di immagini che possono dar luogo a idee differenti per la stessa immagine. Ma questo può essere vero per qualunque stimolo percettivo, dal tatto al gusto. Proprio questo ultimo, nella società post industriale, viene ingannato da prodotti chimici che non sono quello che sembrano e che potrebbero anche essere altamente nocivi.
    Secondo l'ingegnere Marco Todeschini, per il quale rimando al sito che continua a diffondere il suo messaggio culturale, nella sua Teoria delle Apparenze e in Psicobiofisica, quello che ricaviamo dai nostri organi sensoriali, non è la REALTÀ, ma la trasformazione degli stimoli sensoriali in impulsi di natura elettrica, i quali impulsi arrivano, infine, al nostro cervello. La nostra consapevolezza della realtà non ha però "sede" in qualche preciso organo fisiologico, ma è, secondo la teoria sviluppata da Todeschini, ed anche secondo la mia modesta opinione, di natura spirituale. Questo ci indica l'enorme errore in cui sono incappati i "materialisti incalliti" che considerano soltanto gli impulsi elettrici confondendoli con la realtà stessa dei fenomeni osservati, lasciando fuori dal loro campo di studi tutti i fenomeni non "misurabili", come, per esempio, le emozioni connesse alla percezione, che pur esistono ma non possono ne' essere misurate ne' tantomeno ridotte ad un segno elettrico positivo o negativo. Tanto è vero che lo stesso stimolo, ad esempio, visivo, potrebbe indurre, in persone diverse, emozioni antitetiche. Questo non può essere spiegato se non chiamando in causa lo spirito individuale che esperisce l'emozione unica.
    [2]Ho forzatamente evitato di usare una parola che ci hanno spinto adottare al posto della parola "Natura", per descrivere quello che è lo spazio fisico in cui si muovono i gruppi umani: la parola "ambiente". Spero che con questo mio scritto, alla fine apparirà chiaro il motivo del rifiuto di un vocabolo al posto di un altro.
    [3] Massoneria e sette segrete: il lato occulto della storia di Ephifanius Ed. Ichthis.
    [4]Ritornare a parlare la lingua di mio nonno, che era la lingua anche di Vittorio Alfieri. E non mi si venga a dire che in questo modo mi capiscono in pochi: ai tempi di mio nonno si emigrava per lavoro "nelle Francie", e la gente si comprendeva benissimo, da Torino fino in Catalogna con l'Occitano. Prima che loro si inventassero la Babele delle nuove lingue.
   

Articolo n.83: autodet.php
Sito: chifelio
Tema: 3 - Controllo mentale
Data: 2019-06-09

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